Ai tempi del liceo non mi era certo venuto in mente di leggere quest'opera di Senofonte, personaggio che incontravo nelle temute versioni di greco dei compiti in classe. Comunque, è dalla scorsa estate che leggo e rileggo l'Anabasi e la trovo interessante e piacevole. Penso possa definirsi un diario di viaggio, quasi sicuramente Senofonte teneva un diario giornaliero, dove annotava gli avvenimenti sostanziali delle avventurose giornate di quel 401 a.C. Sono tanti i motivi per cui mi piace, ma sicuramente il più importante è la semplicità della narrazione, che mi proietta in modo diretto in quel tempo tanto lontano. Senofonte accompagna i diecimila mercenari greci che, una volta sconfitti dai persiani nella battaglia di Cunassa, saranno costretti a tornare indietro attraversando gli sterminati territori dell'Asia, tra combattimenti contro popoli selvaggi e diffidenti, discordie tra i generali che guidano l'esercito, ostacoli naturali che mettono a dura prova la resistenza di tutti. Un grande problema era dato dalla necessità di procurare giornalmente il cibo: obiettivo che veniva raggiunto a volte depredando i villaggi incontrati lungo il cammino, altre stringendo alleanze che permettevano di accedere ai mercati locali. Il celebre passo in cui i greci vedono di nuovo il mare dopo tanto tempo, fa capire bene la differenza tra una vita "continentale" ed una "peninsulare", e soprattutto ci trasmette l'emozione profonda di chi, dopo essersi sentito perduto, ma avere continuato a sperare, vede quella speranza concretizzarsi all'improvviso davanti ai propri occhi, una speranza di colore azzurro.
-Il quinto giorno pervennero poi a un monte di nome Teche. Non appena i primi giunsero in vetta e videro il mare, levarono alte grida. Nell'udirle Senofonte e i suoi della retroguardia pensarono che la testa dell'esercito, fosse attaccata da altri nemici (...). Poiché le grida si facevano più intense e più vicine, i soldati, che man mano giungevano, correvano verso i compagni che continuavano a urlare, e tanto più acuti salivano i clamoriquanto più il numero si ingrossava, per cui Senofonte pensò che si trattasse di qualcosa di veramente grave. Allora scese da cavallo, prese con sé Licio e i cavalieri e corse a prestar soccorso, ma ben presto sentirono i soldati gridare "Mare, mare"
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